Maria Pasquinelli (Firenze, 1913) è una ex attivista e nazionalista italiana.
Si era diplomata maestra elementare e successivamente laureata in pedagogia a Begamo. Fascista fervente, frequentò la Scuol di Mistica Fascista. Divenne famosa per aver ucciso il comandante della guarnigione britannica di Pola il 10 febbraio 1947, come protesta per la cessione dell'Istriae della Venezia Giulia alla Jugoslovia.
Si era diplomata maestra elementare e successivamente laureata in pedagogia a Begamo. Fascista fervente, frequentò la Scuol di Mistica Fascista. Divenne famosa per aver ucciso il comandante della guarnigione britannica di Pola il 10 febbraio 1947, come protesta per la cessione dell'Istriae della Venezia Giulia alla Jugoslovia.
La Guerra
Nel 1940 si arruolò volontaria crocerossina al seguito delle truppe italiane in Libia. Su questo fronte bellico notò "l'insufficiente partecipazione al combattimento di chi l'aveva predicato" e il basso morale delle truppe "non illuminate da alcun ideale". Per alzare il morale delle truppe compiò gesti fenomenali: nel novembre 1942 lasciò l'ospedale di El Abiar (a 40 km da Bengasi), dove prestava servizio, per raggiungere la prima linea travestita da soldato con la testa rasata e documenti falsi; scoperta, fu riconsegnata ai suoi superiori e rimpatriata in Italia.
Nel gennaio 1942 chiese di essere inviata come insegnante in Dalmazia e per qualche tempo insegnò l'italiano a Spalato (allora annessa all'Italia nel Governo di Dalmazia).
Dopo l'8 settembre 1943, e le stragi di italiani compiute in Dalmazia e in Istria dai titini, aiutó a recuperare le salme dei militari e a documentare le atrocità delle foibe.
A Spalato trovò una fossa comune dove erano sepolti 200 militari della "Bergamo" e partecipò al recupero di altre centinaia di infoibati.
Stabilitasi a Treste, subissò di memoriali e di denunce le autorità della RSI. Cercò di stabilire contatti tra la X Flottiglia MAS e i partigiani della "Franchi" e delle "Brigate Osopo" col proposito di costituire un blocco per la difesa dell'italianità nel confine orientale.Per questa attività venne arrestata dai tedeschi e minacciata di deportazione. Fu salvata da un intervento personale fi Julio Valerio Borghese.
Nel gennaio 1942 chiese di essere inviata come insegnante in Dalmazia e per qualche tempo insegnò l'italiano a Spalato (allora annessa all'Italia nel Governo di Dalmazia).
Dopo l'8 settembre 1943, e le stragi di italiani compiute in Dalmazia e in Istria dai titini, aiutó a recuperare le salme dei militari e a documentare le atrocità delle foibe.
A Spalato trovò una fossa comune dove erano sepolti 200 militari della "Bergamo" e partecipò al recupero di altre centinaia di infoibati.
Stabilitasi a Treste, subissò di memoriali e di denunce le autorità della RSI. Cercò di stabilire contatti tra la X Flottiglia MAS e i partigiani della "Franchi" e delle "Brigate Osopo" col proposito di costituire un blocco per la difesa dell'italianità nel confine orientale.Per questa attività venne arrestata dai tedeschi e minacciata di deportazione. Fu salvata da un intervento personale fi Julio Valerio Borghese.
L'uccisione del comandante De Winton
La mattina del 10 febbraio 1947 il brigadiere generale W. De Winton (comandante della guarnigione britannica d Pola) lasciò il suo alloggio. In quelle stesse ore a Parigi si stava firmando il trattato di pace da parte dei rappresentnati del governo italiano ed a lui sarebbe toccato il compito di cedere l'enclave di Pola alla Jugoslavia.
I cittadini di Pola si erano illusi nei venti mesi di presenza di militari alleati di sfuggire al destino di passare sotto la Jugoslavia, destino che aveva già colpito gli italiani di quasi tutta l'Istria e della Venezia Giulia. Ma ora bisognava fare i conti con la realtà: per espresso desiderio, il passaggio di poteri sulla città di Pola avrebbe avuto luogo in concomitanza con la firma del trattato di pace. Per l'occasione, la guarnigione britannica era stata schierata davanti alla sede del comando ed il generale De Winton fu invitato a passarla in rassegna.
La cerimonia si svolse sotto la pioggia e davanti a pochi curiosi dai quali si levarono mormorii di disapprovazione e qualche grido ostile: i polesani si sentivano abbandonati e traditi dai loro protettori.
De Winton stava avanzando verso il reparto schierato quando, dalla piccola folla presente, si staccò la Pasquinelli che si diresse verso l'ufficiale. Velocemente prese la pistola e fece fuoco per 3 volte da breve distanza.
Tre proiettili colpirono al cuore il generale che morì sul colpo, un quarto colpo ferì il soldato che aveva cercato di proteggerlo.
Per qualche giorno le autorità militari alleate mantennero il massimo riserbo. Del delitto furono lasciate circolare le versioni più strampalate: isterismo, delitto passionale, provocazione fascista o titina e così via.
Grazie ad Indro Montanelli, presente a Pola come inviato del Corriere della Sera, fu possibile conoscere la vera motivazione dell'attentato che spiegava le ragioni del delitto.
In tasca della Pasquinelli venne trovato un biglietto-confessione nel quale spiegava le ragioni che l'avevano portata a compiere quel gesto. In questo biglietto o lettera, dopo un preambolo retorico sull'italianità dell'Istria e sul sangue versato dai martiri italiani, si leggeva: "Io mi ribello, col fermo proposito di colpire a morte chi ha la sventura di rappresentarli, ai Quattro Grandi i quali, alla Conferenza di Parigi, in oltraggio ai sensi di giustizia, di umanità e di saggezza politica, hanno deciso di strappare ancora una volta dal grembo materno le terre più sacre d'Italia, condannandole o agli esperimenti di una novella Danzica o con la più fredda consapevolezza, che è correità, al giogo jugoslavo, sinonimo per la nostra gente indomabilmente italiana, di morte in foiba, di deportazioni, di esilio"
I cittadini di Pola si erano illusi nei venti mesi di presenza di militari alleati di sfuggire al destino di passare sotto la Jugoslavia, destino che aveva già colpito gli italiani di quasi tutta l'Istria e della Venezia Giulia. Ma ora bisognava fare i conti con la realtà: per espresso desiderio, il passaggio di poteri sulla città di Pola avrebbe avuto luogo in concomitanza con la firma del trattato di pace. Per l'occasione, la guarnigione britannica era stata schierata davanti alla sede del comando ed il generale De Winton fu invitato a passarla in rassegna.
La cerimonia si svolse sotto la pioggia e davanti a pochi curiosi dai quali si levarono mormorii di disapprovazione e qualche grido ostile: i polesani si sentivano abbandonati e traditi dai loro protettori.
De Winton stava avanzando verso il reparto schierato quando, dalla piccola folla presente, si staccò la Pasquinelli che si diresse verso l'ufficiale. Velocemente prese la pistola e fece fuoco per 3 volte da breve distanza.
Tre proiettili colpirono al cuore il generale che morì sul colpo, un quarto colpo ferì il soldato che aveva cercato di proteggerlo.
Per qualche giorno le autorità militari alleate mantennero il massimo riserbo. Del delitto furono lasciate circolare le versioni più strampalate: isterismo, delitto passionale, provocazione fascista o titina e così via.
Grazie ad Indro Montanelli, presente a Pola come inviato del Corriere della Sera, fu possibile conoscere la vera motivazione dell'attentato che spiegava le ragioni del delitto.
In tasca della Pasquinelli venne trovato un biglietto-confessione nel quale spiegava le ragioni che l'avevano portata a compiere quel gesto. In questo biglietto o lettera, dopo un preambolo retorico sull'italianità dell'Istria e sul sangue versato dai martiri italiani, si leggeva: "Io mi ribello, col fermo proposito di colpire a morte chi ha la sventura di rappresentarli, ai Quattro Grandi i quali, alla Conferenza di Parigi, in oltraggio ai sensi di giustizia, di umanità e di saggezza politica, hanno deciso di strappare ancora una volta dal grembo materno le terre più sacre d'Italia, condannandole o agli esperimenti di una novella Danzica o con la più fredda consapevolezza, che è correità, al giogo jugoslavo, sinonimo per la nostra gente indomabilmente italiana, di morte in foiba, di deportazioni, di esilio"
Dopo l'attentato
Dopo l'attentato, che da parte della stampa venne giudicato come un "rigurgito fascista", il corrispondente da Pola dell'Associated Press Michael Goldsmith scrisse:
« Molti sono i colpevoli, i polesani italiani non trovano nessuno che comprenda i loro sentimenti. Il governo di Roma è assente, gli slavi sono apertamante nemici in attesa di entrare in città per occupare le loro case, gli Alleati freddi ed estremamente guardinghi. A questi, specie agli inglesi, gli abitanti di Pola imputano di non avere mantenuto le promesse, di averli abbandonati. »
Maria Pasquinelli fu processata due mesi dopo il fatto dalla Corte Militare Alleata di Trieste. Il dibattito si svolse senza tumulti né colpi di scena. L'imputata si dichiarò colpevole e spiegò le ragioni che l'avevano indotta a compiere l'attentato. Una sola volta l'aula fu fatta sgombrare dal presidente Chapman. Accadde quando il difensore avv. Giannini, invitato dal presidente ad adeguarsi alla procedura seguita dalla Corte alleata, rispose:
« Prima di ogni altra cosa, signor presidente, io mi considero un italiano che difende un'italiana »
Nell'aula il pubblico applaudì e si udirono grida "Viva l'Italia". Fu allora che l'aula venne fatta sgombrare. Il 10 aprile la Corte alleata pronunciava la sentenza che la condannava a morte, l'imputata si raccolse in silenzio, il pubblico rumoreggiò e le donne scoppiarono in singhiozzi. Il giorno seguente Trieste fu inondata da una pioggia di manifestini tricolori sui quali era scritto:
« Dal pantano d'Italia è nato un fiore: Maria Pasquinelli »
In seguito, la pena capitale fu commutata nel 1954 in ergastolo e fu trasferita nel penitenziario di Perugia. Nel 1964 tornò in libertà, ma non ha mai concesso interviste. Maria Pasquinelli ha cercato di farsi dimenticare da allora e tuttora vive a Bergamo.
« Molti sono i colpevoli, i polesani italiani non trovano nessuno che comprenda i loro sentimenti. Il governo di Roma è assente, gli slavi sono apertamante nemici in attesa di entrare in città per occupare le loro case, gli Alleati freddi ed estremamente guardinghi. A questi, specie agli inglesi, gli abitanti di Pola imputano di non avere mantenuto le promesse, di averli abbandonati. »
Maria Pasquinelli fu processata due mesi dopo il fatto dalla Corte Militare Alleata di Trieste. Il dibattito si svolse senza tumulti né colpi di scena. L'imputata si dichiarò colpevole e spiegò le ragioni che l'avevano indotta a compiere l'attentato. Una sola volta l'aula fu fatta sgombrare dal presidente Chapman. Accadde quando il difensore avv. Giannini, invitato dal presidente ad adeguarsi alla procedura seguita dalla Corte alleata, rispose:
« Prima di ogni altra cosa, signor presidente, io mi considero un italiano che difende un'italiana »
Nell'aula il pubblico applaudì e si udirono grida "Viva l'Italia". Fu allora che l'aula venne fatta sgombrare. Il 10 aprile la Corte alleata pronunciava la sentenza che la condannava a morte, l'imputata si raccolse in silenzio, il pubblico rumoreggiò e le donne scoppiarono in singhiozzi. Il giorno seguente Trieste fu inondata da una pioggia di manifestini tricolori sui quali era scritto:
« Dal pantano d'Italia è nato un fiore: Maria Pasquinelli »
In seguito, la pena capitale fu commutata nel 1954 in ergastolo e fu trasferita nel penitenziario di Perugia. Nel 1964 tornò in libertà, ma non ha mai concesso interviste. Maria Pasquinelli ha cercato di farsi dimenticare da allora e tuttora vive a Bergamo.
fonti: wikipedia, 100%nazionalisti
MARIA PASQUINELLI DIMENTICATA PERCHE' PATRIOTA, AMAVA L'ITALIA E LA SUA ISTRIA ITALIANA! VERGOGNA! DEVE RITORNARE IL VENTENNIO PER FARE UN PO' DI GIUSTIZIA MORALE.
RispondiEliminaMaria Pasquinelli = Macchè rigurgito fascista; in Italia è da oltre 60 anni che abbiamo rigurgiti comunisti e siamo ad una preannunciata catastrofe.
RispondiEliminaE' ora di finirla di essere disonesti moralmente. Maria Pasquinelli ha pagato tutta la vita per aver amato la Patria e ricordiamo che l'Istria e specialmente Pola l'abbiamo persa grazie agli inglesi. Per il coraggio di Maria Pasquinelli dovrebbe farle un monumento come per Garibaldi e Mazzini che per patriottismo ne hanno fatte di molto peggio.
RispondiEliminaMaria Pasquinelli non ha mai voluto vedere nessuno. sono testimoni i suoi amici più cari. Non ha MAI voluto rilasciare interviste. Dal 2008 è in un pensionato a Bergamo protetta da un "tutore"!
RispondiEliminaDa: it.groups.yahoo.com/group/fiamma/message/25599
MARIA PASQUINELLI E’ RICOVERATA IN GRAVI CONDIZIONI IN OSPEDALE ED IL SUO TUTORE DOTT.RONCELLI NON E’ AUTORIZZATO A DARE INDIRIZZO.. I FIORI PER LEI SI MANDANO AL DOTT. RONCELLI STESSO PRESSO “ PROVINCIA DI BERGAMO “ VIA Tasso 8 Bergamo.
Vorrei mandare dei fiori a Maria Pasquinelli in occasione del suo prossimo compleanno (100 anni!).
EliminaE' ancora valido che bisogna spedire presso il tutore dott. Roncelli?
Grazie.
STRAGE DI VERGAROLLA - 18 AGOSTO 1946
RispondiEliminaLa pulizia etnica voluta da Tito a danno degli italiani, ed ammessa senza mezzi termini dai suoi massimi luogotenenti quali Gilas e Kardelj, ebbe il momento di punta negli eccidi delle foibe, proseguiti a lungo, anche dopo la guerra, in spregio al diritto positivo, e prima ancora, a quello naturale.
Un episodio di particolare e tragica efferatezza, che conviene proporre al ricordo di tutti, fu la strage di Vergarolla, compiuta nei pressi di Pola il 18 agosto 1946, sedici mesi dopo la fine del conflitto: in una giornata di festa, elementi dell'OZNA, la polizia politica jugoslava, fecero brillare 28 mine di profondità (contenenti esplosivo per circa dieci tonnellate) che erano state depositate sulla spiaggia, provocando un centinaio di Vittime.
Fu un atto intimidatorio per costringere la popolazione italiana ad abbandonare Pola, con un esodo in massa che coinvolse il 92 per cento degli abitanti. Ufficialmente, la paternità della strage rimase ignota per molti anni, anche se tutti sapevano quale ne fosse la matrice, ma in tempi recenti l'apertura degli archivi inglesi di Kew Gardens (Foreign Office) ha permesso di mettere in chiaro la verità, con i nomi degli esecutori materiali.
Vergarolla fu un atto proditorio e vile, compiuto a danno di una popolazione inerme, richiamata anche da una manifestazione sportiva, e costituita in buona misura da bambini, donne ed alcune persone anziane: le 64 Vittime identificate avevano un'età media di 26 anni. Per molti altri, fu impossibile ricomporre i poveri resti, letteralmente disintegrati dall'esplosione.
Ecco i Nomi delle Vittime conosciute (per ciascuna, con indicazione dell'età).
BALDUCCI Leon Bruno 25
RispondiEliminaBERDINI Amalia 34
BERDINI Emilio 36
BERDINI Luciana 5
BONITA Mario 11
BORRI Valeria 50
BRANDIS Alberto 3
BRANDIS Ferruccio 34
BRESSAN Salvatore 27
BRONZIN Francesca 41
CHERPAN Paolo 24
CONTUS Emma 50
CROSILLA Adelina 24
DEBONI Caterina 31
DEMARIN Ida 27
DE TOFFOLI Giuliana 23
DINELLI Amalia 36
DINELLI Norina 6
DINELLI Olao 37
DINELLI Otello 24
FARAGUNA Stefania 31
GILVE Jolanda 28
GIURINA Nadia 11
LUCHEZ Rosina 20
LUSSI Maria 37
MANCINI Giovanna 60
MARCHI Silvana 5
MARESI Caterina 37
MARESI Franco 8
MARESI Graziella 5
MARESI Marina 3
MARINI Liliana 23
MARRA Camilla 30
MARTIN Argia 42
MARTIN Nicolò 10
MICHELETTI Alberto 37
MICHELETTI Carlo 9
MICHELETTI Enzo 4
MIHALIEVICH Ornella 32
MINGARONI Palmira 50
MINGARONI Riccardo 49
MUGGIA Vitaliano 14
NICCOLI Maria Luisa 12
NOVAK Maria 48
QUARANTOTTO Anita 37
RICATO Aurelio 10
ROCCO Gianna 5
ROCCO Licia 8
ROCCO Mario 36
ROICI Gianfranco 12
ROICI Lucio 15
SABATTI Francesco 35
SACCON Fulvio 3
SACCON Riccardo 50
SACCON Trifone 42
SPONZA Alberto 55
SUCCI Carlo 6
TONIOLO Francesco 45
VICCHI Vilma 23
VIDULICH Giovanna 72
VIVODA Sergio 8
VOLCHIERI Alfredo 28
VOLCHIERI Jolanda 34
ZAVERSNICH Francesco 30
ZELESCO Edmondo 6
Dalla strage di Vergarolla, come dal genocidio programmato a danno degli italiani di Venezia Giulia e Dalmazia, sono passati oltre 60 anni: tanti, ma non troppi per coloro che piangono i propri Caduti, e per i pochi superstiti che ricordano con raccapriccio quella tragedia agghiacciante, e la perversità delle sue motivazioni.
Qui, si vuole soltanto rammentare il clima di terrore che si diffuse a Pola, e l'indignazione del Consiglio comunale che inoltrò un'immediata e vibrante protesta al Comando Supremo Alleato del Mediterraneo ed a quelli locali, senza alcun apprezzabile seguito: la Corte d'inchiesta non pervenne, o non volle pervenire, a risultati probanti. Anzi, a breve distanza da Vergarolla giunse notizia che anche Pola, diversamente da quanto era stato ipotizzato, sarebbe stata ceduta alla Jugoslavia.
Di qui, l'esodo compiuto entro i primi mesi del 1947 da parte di un popolo che aveva una grande colpa, quella di essere italiano; ma che nonostante il dolore seppe affermare con grande dignità e coraggio i valori etici di civiltà e giustizia, e quello di un esemplare amore patrio.
ECCIDIO DI VERGAROLLA (18 agosto 1946) - Motivazione decisiva dell'Esodo da Pola - (92% dell'intera cittadinanza)
RispondiEliminaBibliografia essenziale:
* Elvino Tomasini – Pola Addio! E altri racconti – Edizioni “Italo Svevo” – Trieste 1977
* Lino Vivoda, L'Esodo da Pola - Agonia e morte di una città italiana, Nuova Lito Effe, Piacenza 1989.
* Pasquale De Simone, Ripresa italiana a Pola dopo il maggio 1945, Edizione ANVGD, Gorizia 1989
* Flaminio Rocchi, L'Esodo dei 350 mila Giuliani, Fiumani e Dalmati, Edizioni Difesa Adriatica, Roma 1990.
* Lino Vivoda, Campo profughi giuliani - Caserma Ugo Botti - La Spezia, Edizioni Istria Europa, Imperia 1998.
* Regina Cimmino, Quella terra è la mia terra. Istria: memoria di un esodo, Edizioni Il Prato, Padova 1998
* Wanda Muggia, Natalia, Casa Editrice Nuovi Autori, Milano 1999.
* Wanda Muggia, L'epoca di Wanda, Editrice L'Autore Libri, Firenze 2003
* Raul Pupo, Il lungo Esodo - Istria: le persecuzioni, le foibe, l'esilio, Edizioni Rizzoli Storica, Milano 2005
* Lino Vivoda, Libero Comune di Pola in Esilio - 60 anni di cronache della diaspora polesana, Edizioni L'Arena di Pola, Trieste 2005
* Wanda Muggia, Il percorso della foto storica, Il Filo Editore, Roma 2007
* Angelo Orsini, L'Esodo a Latina - La storia dimenticata dei Giuliani e Dalmati, Editore Aracne, Roma 2007
* Carlo Montani, Vergarolla: una verità definitiva, in "Rivista della Cooperazione Giuridica Internazionale", anno X numero 29, Nagard, Milano 2008
* Riccardo Basile, Cronologia essenziale della storia d'Italia e delle terre Giulie, a cura della Fed. Grigioverde, Editore Italo Svevo, Trieste 2010
* Pierluigi Pallante (a cura di), Il giorno del Ricordo - La tragedia delle Foibe, Editori Riuniti, Roma 2010
* Jan Bernas (a cura di), Ci chiamavano Fascisti. Eravamo Italiani, Mursia, Milano 2010
* Stefano Zecchi, Quando ci batteva forte il cuore – Istria 1945. Un padre e un figlio, un grande viaggio alla ricerca dell’identità rubata dal vento della Storia, Mondadori, Milano 2010.
CHE NOIA: SEMPRE LE STESSE FRASI:
RispondiEliminaFASCISTI = TUTTI DELINQUENTI
TEDESCHI = TUTTI DELINQUENTI
COMUNISTI = TUTTI ANGIOLETTI
Una postilla per i tedeschi: durante la guerra venivano passati alle armi se violentavano (un bel segno di civiltà) e durante la ritirata se chiedevano uova o patate ai contadini, non le accettavano se non pagavano.
I vincitori non devono dimentiare le cose buone dei vinti. Un po' di onestà.
I comunisti non hanno capito che molti italiani, quando vengono chiamati fascisti, si sentono onorati.
RispondiEliminaIn Italia, i soli che non hanno tradito ed hanno salvato l'Onore della Patria sono stati i fascisti, molto spesso rimettendoci la vita e senza avere in cambio assolutamente nulla.
Tutti gli altri sono saltati sul carro del vincitore e lo fanno ancora adesso dopo oltre 60 anni.
I partigiani comunisti e slavi non solo hanno avuto la pensione dall'Inps, a volte doppia per la cittadinanza italiana e slava - come riconoscenza degli infoibamenti, ma hanno anche la reversitlità al 100 per cento.
RispondiEliminaChiediamo di tagliare subito questa infame ingiustizia.
Parenti di infoibati
E’ MANCATA UNA GRANDE PATRIOTA, L’EROINA DI POLA
RispondiEliminaUN MONUMENTO LE RENDERA' ONORE
da: www.tuttostoria.it
MARIA PASQUINELLI
Mulierem ornat silentium.
Maria Pasquinelli è tornata alla Casa del Padre il 3 luglio: aveva celebrato i cento anni di vita nello scorso marzo, ed aveva abbracciato il silenzio da quel lontano 1947, quando era assurta a simbolo imperituro della protesta del popolo istriano, fiumano e dalmata, e di tutti i veri italiani, contro la vergognosa iniquità del “diktat”.
Fu un silenzio pervicace e coerente, improntato alla fedeltà che il suo indomito spirito patriottico aveva sempre manifestato nei confronti dei valori non negoziabili: il primo fra tutti, un amore per la Patria addirittura superiore, come ebbe ad affermare la stessa Maria, a quello per l’anima.
Donna d’azione, ma nello stesso tempo di pensiero, aveva dato molteplici dimostrazioni della sua tempra d’acciaio e di una spiccata idoneità a coniugare il nobile sentire con il forte agire: nell’insegnamento, nella collaborazione col padre per sistemare i Sacrari del 1915-18, nell’opera di Crocerossina durante la seconda guerra mondiale, nell’impegno per un’ardua salvezza di Venezia Giulia e Dalmazia, nell’assistenza agli Esuli di Pola, la cui tragedia, lei fiorentina, aveva fatta propria fino a meditare l’estremo sacrificio.
Quando decise di “spegnere” il Comandante De Winton, secondo una tipica espressione di Machiavelli, era convinta di avere firmato la propria condanna a morte. Invece, ebbe la croce di una lunga vita di silenzio, di meditazione e di profondo rammarico per le incomprensioni politiche e storiografiche che l’avrebbero accompagnata fino al nuovo millennio, con la sola lucida eccezione di Stefano Zecchi.
Maria non è passata invano: la sua dignità e riservatezza, il suo senso di responsabilità, le sue sofferenze nel segno degli ideali perenni di Stato e di Nazione, costituiscono un esempio da meditare e da trasmettere ai posteri, onde il buon seme possa dare frutti rigogliosi. Fu disperatamente sola come accade spesso agli Spiriti eletti, ma questo è motivo di grandezza; non meno dell’aver fatto conoscere al mondo, già da quegli anni plumbei, il genocidio dell’Esodo e delle Foibe, ed il sacrificio di tanti Martiri incolpevoli, a cominciare da quello emblematico della Medaglia d’Oro Norma Cossetto.
E’ stata paragonata, non senza fondamento, a diverse Eroine della storia antica e moderna; nondimeno, Maria si distingue da loro per un impegno di lungo periodo ed a tutto campo, che richiedeva doti straordinarie di coraggio e di costanza, e prima ancora, di coerenza coi principi che aveva mutuato dalla famiglia, dalla scuola e dalla vita. Una donna vera, drammaticamente consapevole di un’ora tragica come poche; eppure, per dirla con Dante, simile a “torre ferma che non crolla giammai pel soffiar de’ venti”.
Maria Pasquinelli: presente !